Statins Have a Dose-Dependent Effect on Amputation and Survival in Peripheral Artery Disease Patients

Statins Have a Dose-Dependent Effect on Amputation and Survival in Peripheral Artery Disease Patients
La vasculopatia arteriosa periferica (PAD) è una sindrome aterosclerotica molto diffusa che colpisce alcuni milioni di soggetti negli Stati Uniti. Vi è, però, uno scarso impegno a modificare i fattori di rischio, pur essendo la PAD associata a disabilità, morbilità e mortalità. Uno studio di popolazione dimostra, per la prima volta, che l’uso di statine ad alto dosaggio, al momento della diagnosi di vasculopatia arteriosa periferica, riduce in modo significativo il rischio di amputazioni e mortalità rispetto all’uso di statine a dosi basse-moderate o all’uso di soli farmaci antipiastrinici. I ricercatori hanno valutato i dati del database dei Veterans Affairs dal 2003 al 2014. Entro un anno dalla diagnosi di PAD è stata determinata l’esposizione alle statine (dose elevata vs dose moderata vs terapia antipiastrinica, ma nessun uso di statine, solo antipiastrinici. Gli outcome erano le amputazioni agli arti inferiori e la mortalità. Su 155.647 pazienti con PAD incidente, più di un quarto (28%) non era in trattamento con statine. La proporzione di pazienti che assumevano statine ad alta intensità era più alta nei pazienti con malattia coronarica o carotidea, comorbida, rispetto alla sola arteriopatia (6.4% vs 18.4%). Dopo aggiustamento, i pazienti che stavano assumendo le statine ad alta intensità hanno presentato un rischio inferiore del 33% per l’amputazione (HR=0.67, IC 95%, 0.61-0.74 ) e un rischio inferiore del 26% per mortalità ( HR=0.74; IC 95% 0.7-0.77 ), rispetto a quelli che assumevano solo farmaci antiaggreganti. Anche le statine a dose bassa-moderata, però, hanno determinato una riduzione del rischio di amputazione (19%) (HR=0.81, IC 95%, 0.75-0.86) e riduzione del rischio di mortalità del 17% (HR=0.83; IC 95%, 0.81-.86) rispetto al solo impiego di antipiastrinici, ma con una minore significatività rispetto all’uso di statine ad alte dosi (p <0,001). Sono state, inoltre, condotte analisi per sottogruppi in base all’età, sesso, diabete, malattia coronarica, comorbidà e razza. Nel complesso, i dati sono stati coerenti con i risultati principali, ma sono state anche osservate alcune differenze. I pazienti di età superiore ai 75 anni avevano un rischio ancora più basso di perdita degli arti inferiori rispetto ai pazienti più giovani quando assumevano statine ad alta intensità. L’effetto delle statine ad alta intensità sulla mortalità e sul rischio di amputazione è risultato anche amplificato nei pazienti senza diabete, rispetto a quelli con diabete. Gli Autori sottolineano che le statine, in particolare le formulazioni ad alto dosaggio, sono sottoutilizzate nei pazienti con vasculopatia arteriosa periferica. In conclusione, questo è il primo studio di popolazione che ha dimostrato che l’uso di statine ad alto dosaggio, al momento della diagnosi di PAD, è associato a una riduzione significativa delle amputazioni e della mortalità rispetto ai pazienti che utilizzano statine a dosaggio basso – moderato e ai pazienti trattati con solo con farmaci antipiastrinici. Alla luce di questi risultati, dopo la diagnosi di vasculopatia, è necessario iniziare un trattamento con statine al dosaggio più alto tollerato, come si fa, ad esempio, in caso di sindrome coronarica acuta, per ridurre il rischio di amputazione e di morte e protrarre il trattamento a vita. È necessario inoltre porre l’accento sulla diagnosi precoce e sul trattamento della PAD, soprattutto in assenza di malattia coronarica.
Circulation, 2018 Jan 12. doi: 10.1161/CIRCULATIONAHA.117.032361.
A cura di Giuseppe Trisolino

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