COSA C’È DI NUOVO NELLE LG ESC SULL’IPERTENSIONE ARTERIOSA 2024

Gabriello Marchetti
Spec. Cardiologia
Ospedale Accreditato Villa Laura, Bologna
Segretario provinciale ANCE, Bologna

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Le aggiornate linee guida ESC del 2024 si basano sulle linee guida precedenti ed incorporano aggiornamenti importanti e nuove raccomandazioni basate sulle attuali prove.
Le principali novità sono:

  • il titolo cambiato da “Linee guida sulla gestione dell’ipertensione arteriosa” a “Linee guida sulla gestione della pressione sanguigna elevata e dell’ipertensione”. Ciò si basa sull’evidenza che il rischio di malattie cardiovascolari (CVD) attribuibile alla pressione sanguigna (PA) è su una scala di esposizione continua, non su una scala binaria di normotensione vs. ipertensione. Le prove aggiornate dimostrano anche sempre più il beneficio sugli esiti CVD dei farmaci anti-PA tra le persone con alto rischio CVD e livelli di PA elevati ma che non soddisfano le soglie tradizionali utilizzate per definire l’ipertensione. Il termine “arterioso” è stato rimosso dal titolo delle Linee guida del 2024.
  • si continua a definire l’ipertensione come PA sistolica ambulatoriale ≥140 mmHg o PA diastolica ≥90 mmHg. Tuttavia, è stata introdotta una nuova categoria di PA chiamata “PA elevata”. La PA elevata è definita come PA sistolica ambulatoriale di 120-139 mmHg o PA diastolica di 70-89 mmHg.
  • la raccomandazione di perseguire un target, ritagliato il più possibile sul singolo paziente anche in base al rischio globale, di PA sistolica di 120-129 mmHg tra gli adulti che ricevono farmaci anti-PA. Questa raccomandazione presenta diverse importanti avvertenze, tra cui il requisito che il trattamento per questo target di PA sia ben tollerato dal paziente, il fatto che target di PA più indulgenti possono essere presi in considerazione in persone con ipotensione ortostatica sintomatica, in quelle di età pari o superiore a 85 anni o in quelle con fragilità da moderata a grave o aspettativa di vita limitata, e una forte enfasi sulla misurazione della PA fuori dall’ambulatorio per confermare che il target di PA sistolica di 120-129 mmHg sia stato raggiunto. Per quei casi individuali selezionati in cui non viene perseguito un target di PA sistolica di 120-129 mmHg, sia per intolleranza da parte del paziente che per l’esistenza di condizioni che favoriscono un target di PA più clemente, si raccomanda di puntare a una PA il più bassa ragionevolmente ottenibile.
  • un altro cambiamento importante nelle Linee guida del 2024 rispetto alle versioni precedenti è la maggiore attenzione alle prove relative agli esiti CVD fatali e non fatali piuttosto che a esiti surrogati come il solo abbassamento della PA. Ad eccezione degli interventi sullo stile di vita e degli interventi non farmacologici a basso rischio mirati all’implementazione o all’erogazione delle cure, le attuali
    linee guida richiedono che, affinché venga fatta una raccomandazione di Classe I per un intervento farmacologico o procedurale, le prove debbano mostrare un beneficio sugli esiti CVD e non solo sull’abbassamento della PA. Va inserito ciascun paziente in una stima del rischio globale attraverso i ben noti strumenti: SCORE 2 e SCORE 2 OP (older people): ad alto rischio vengono definiti i pazienti con percentuale di rischio di eventi maggiori >10% a 10anni. In questi casi possono esser presi in considerazione gli strumenti di valutazione come il calcio coronarico, i biomarker cardiaci, l’eco-doppler carotideo o l’ecocardiogramma.
  • per quanto riguarda il trattamento farmacologico viene consigliato di iniziare con una duplice terapia partendo dalla bassa dose e, se l’obiettivo non viene raggiunto ad un successivo step di controllo dopo 3 mesi, passare alla triplice terapia a bassa dose. La monoterapia viene consigliata solo nei pazienti in cui la pressione sistolica è solo di poco superiore a 130mmHg o nei pazienti fragili. La fragilità è intesa non tanto come semplice età avanzata, ma soprattutto legata alla ipotensione ortostatica e il target in questi pazienti è 120-129mmHg di sistolica. Gli anziani e fragili hanno target quindi più soft rispetto ai pazienti con età inferiore a 85anni. In questi casi calcio antagonisti e inibitori dell’angiotensina sono i farmaci di scelta.
    Una sezione a parte viene riservata alla ipertensione secondaria che viene descritta in questa versione delle linee guida come più diffusa di quanto si pensasse in precedenza. A seconda della definizione utilizzata e della coorte studiata, la prevalenza dell’ipertensione secondaria è del 10%–35% in tutti i pazienti ipertesi e fino al 50% dei pazienti con ipertensione resistente. L’aldosteronismo primario è una causa comune con, ad esempio, un’elevata prevalenza di iperaldosteronismo (fino al 12%) osservata nei pazienti con PA >180/110 mmHg. Nonostante questi numeri, i tassi di screening per l’aldosteronismo primario, anche in gruppi ad alto rischio come quelli con ipertensione resistente e ipokaliemia, sono bassi (rispettivamente circa il 2% e il 4% dei pazienti idonei). In queste LG si sottolinea con forza che nella maggior parte dei sistemi sanitari, i medici di base sono in genere i “guardiani” dell’accesso alle cure specialistiche e dovrebbero essere coinvolti nello screening dei pazienti per le cause comuni di ipertensione secondaria, in particolare l’apnea notturna e l’aldosteronismo primario. Sebbene l’ipokaliemia spontanea o indotta da diuretici sia fortemente indicativa di aldosteronismo primario, nella maggior parte dei pazienti diagnosticati con questa condizione non è presente una storia di ipokaliemia. Il rapporto aldosterone-renina (ARR) è quindi raccomandato per lo screening dell’aldosteronismo primario.
    Per quanto riguarda la terapia, le principali classi di farmaci con solide prove di riduzione degli eventi CVD mediata dalla PA sono gli ACE inibitori, gli ARB, i calcioantagonisti diidropiridinici, i diuretici (tiazidici e diuretici simili ai tiazidici come idroclorotiazide, clortalidone e indapamide) e i beta-bloccanti . I primi quattro sono raccomandati come opzioni di prima linea per iniziare il trattamento dell’ipertensione nella popolazione generale. I betabloccanti possono essere aggiunti preferibilmente in circostanze come in presenza di angina o insufficienza cardiaca, dopo infarto miocardico o per controllare la frequenza cardiaca: in tali contesti, sono preferiti i betabloccanti di seconda generazione (cardioselettivi) e, in particolare, di terza generazione (vasodilatatori). Tuttavia, i betabloccanti sono meno efficaci degli ACE inibitori, degli ARBs, dei CCB o dei diuretici nel prevenire l’ictus e hanno un tasso di interruzione più elevato a causa degli effetti collaterali. I betabloccanti e i diuretici, soprattutto se combinati, sono associati a un rischio aumentato di diabete di nuova insorgenza nei pazienti predisposti. L’effetto dei bloccanti RAS e dei CCB sulla prevenzione della progressione del danno d’organo (HMOD) sembra essere superiore anche ai beta-bloccanti. I beta-bloccanti dovrebbero essere evitati anche nei pazienti con ipertensione sistolica isolata o più in generale con rigidità arteriosa, poiché aumentano il volume della gittata sistolica (data la frequenza cardiaca più bassa). Quando la terapia e l’aderenza alle classi di farmaci sopra menzionate sono ottimizzate, ma non sufficienti a raggiungere gli obiettivi di PA, altre classi di farmaci possono essere utilizzate per trattare l’ipertensione. Tra queste, lo spironolattone, un MRA (Mineralcorticoid Receptor Antagonist), sembra essere il più efficace nell’abbassare ulteriormente la PA nell’ipertensione resistente. Nei pazienti fragili viene consigliato che il trattamento possa essere iniziato con un antagonista dei canali del calcio diidropiridinico a lunga durata d’azione. Per ottenere il controllo della PA, può essere utilizzato anche un ACE inibitore o, se controindicato, un ARB. Successivamente, sono preferibili tiazidici a basso dosaggio o diuretici simili ai tiazidi, a meno che non vi sia una controindicazione specifica, come gotta, ipotensione ortostatica o minzione disturbata (inclusa sincope minzionale). I betabloccanti sono meno desiderabili in quanto riducono la frequenza cardiaca, causano affaticamento e aumentano l’ampiezza dell’onda di polso sistolica, che non è sufficientemente tamponata nelle arterie elastiche centrali rigide. I betabloccanti vasodilatatori e i vasodilatatori diretti (ad esempio idralazina e minoxidil) sono associati a un rischio aumentato di ortostasi. Anche gli alfa-bloccanti sono considerati meno desiderabili in quanto sembrano essere associati a un rischio aumentato di ortostasi e cadute nei pazienti molto anziani (età ≥85 anni). Negli anziani con ipertensione sistolica isolata (aumentata rigidità arteriosa) i betabloccanti dovrebbero essere evitati poiché aumentano il volume sistolico (data la frequenza cardiaca più bassa). I pazienti con recente stroke emorragico il target desiderabile di pressione è 140mmHg per la capacità di ridurre l’espansione dell’ematoma cerebrale come dimostrato in studi recenti dedicati specificamente a tale tipologia di malati.
    Nelle LG aggiornate ampio spazio viene dedicato anche a nuove raccomandazioni sullo stile di vita per contribuire ad abbassare la pressione, tra cui la modifica dei consigli sull’esercizio fisico e l’aggiunta di un’integrazione di potassio. Per la prima volta, inoltre, le linee guida ESC forniscono raccomandazioni sull’uso della denervazione renale per il trattamento dell’ipertensione in determinate circostanze.
    In conclusione, i cambiamenti più significativi delle linee guida aggiornate sull’ipertensione pubblicate dalla Società Europea di Cardiologia descrivono obiettivi semplificati e più aggressivi.

    Riferimenti bibliografici
    European Heart Journal (2024) 00, 1–107 https://doi.org/10.1093/eurheartj/ehae178

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