NOVITA’ DALLA LETTERATURA – A cura di: dr. Giuseppe Trisolino

La terapia precoce per il controllo del ritmo migliora i risultati nei pazienti con fibrillazione atriale

Giuseppe Trisolino – Spec. in Cardiologia, Segretario Regionale ANCE Emilia Romagna

Nonostante i miglioramenti negli anni nella gestione della fibrillazione atriale (FA), i pazienti con questa patologia aritmica rimangono a maggior rischio di complicanze cardiovascolari (ictus, sindrome coronarica acuta, insufficienza cardiaca e morte cardiovascolare) a un ritmo di circa il 5% dei pazienti all’anno. [1] Una volta che si è instaurata la fibrillazione atriale per alcuni mesi, l’atrio subisce gravi danni, alcuni dei quali irreversibili, quindi diventa più difficile ripristinare e mantenere il ritmo sinusale quando si attende più a lungo ed inoltre studi epidemiologici hanno dimostrato che il rischio di complicanze cardiovascolari aumenta nel primo anno dopo la diagnosi di FA (periodo denominato “early atrial fibrillation”). [2] Studi di controllo della frequenza (rate control) rispetto al controllo del ritmo (rhythm control) nella fibrillazione atriale (FA), come lo studio Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management (AFFIRM ) [3], non sono riusciti a mostrare una superiorità, in termini di risultati clinici, del controllo del ritmo con farmaci antiaritmici, rispetto al controllo della frequenza. Però molto è cambiato da allora. La migliore gestione della terapia anticoagulante, dei farmaci antiaritmici, una maggiore aggressività dei fattori di rischio e l’accesso alla terapia ablativa fanno parte di un nuovo patrimonio terapeutico. La terapia di controllo del ritmo nella fibrillazione atriale è tipicamente differita, nella pratica quotidiana, fatta eccezione per le situazioni in cui i pazienti presentino sintomi persistenti nonostante un controllo della frequenza altrimenti efficace. Lo studio EAST-AFNET [4] studio prospettico, in aperto, i cui risultati sono stati presentati al recente Congresso Europeo di Cardiologia e pubblicati sul New England Journal of Medicine, ha indagato se la terapia per il controllo del ritmo, con farmaci antiaritmici o con ablazione, intrapresa subito dopo la diagnosi, potesse migliorare gli outcome cardiovascolari. Sono stati arruolati in totale di 2.789 pazienti, età media di 70,3 anni (46% donne), con FA (diagnosticata ≤ 1 anno prima dell’arruolamento) e un punteggio CHA 2 DS 2 -VASc medio di 3,4 e assegnati in modo casuale al controllo precoce del ritmo (early rhythm control) o alla terapia tradizionale (usual care) secondo le raccomandazioni delle linee guida e limitato al controllo dei sintomi correlati all’aritmia.[5] Il follow up, interrotto anticipatamente per efficacia, è stato di 5,1 anni; l’11% dei pazienti aveva avuto con pregresso evento cerebrovascolare, il 90% era in terapia anticoagulante orale, l’80% in terapia con beta-bloccanti. Per il 38% dei pazienti si trattava del primo episodio di FA; Il 36% aveva una FA parossistica, il 26% una FA persistente e il 31% aveva una FA senza sintomi. Circa il 90% di entrambi i gruppi ha continuato a ricevere la terapia anticoagulante orale durante lo studio. I pazienti del gruppo di “early rhythm control” hanno ricevuto farmaci antiaritmici o ablazione transcatetere mediante l’isolamento delle vene polmonari nonché la cardioversione nella FA persistente subito dopo la randomizzazione. Il farmaco più usato è stato la flecainide, a indicare una bassa prevalenza di cardiopatia strutturale. Entrambi i gruppi hanno ricevuto un trattamento per il controllo dei fattori di rischio cardiovascolare. Il ritmo sinusale è stato riscontrato più spesso nei pazienti che erano stati assegnati in modo randomizzato al controllo precoce del ritmo (84,9% a 1 anno, 82,1% a 2 anni) rispetto ai pazienti assegnati all’usual care (65,5% a 1 anno, 60,5% a 2 anni). L’outcome primario di efficacia era rappresentato da un composto di morte per cause cardiovascolari, ictus o ricovero con peggioramento dell’insufficienza cardiaca o sindrome coronarica acuta; il secondo outcome primario era rappresentato dal numero di notti trascorse in ospedale per anno. L’outcome primario di sicurezza era un composto di morte, ictus o gravi eventi avversi correlati alla terapia per il controllo del ritmo. L’outcome primario di efficacia, si è verificato a un ritmo del 3,9% all’anno nel gruppo “early rhythm control” e del 5% all’anno nel gruppo “usual care”. Questo, secondo i ricercatori, si traduce in una riduzione del rischio assoluto dell’1,1% all’anno con il controllo precoce del ritmo (hazard ratio [HR] 0.79; intervallo di confidenza [IC] 0.67-0.94; p=0.005). Tutti i singoli componenti dell’outcome primario erano meno comuni nel gruppo early rhythm control rispetto alla cura abituale, con le differenze nella morte CV (HR, 0,72) e ictus (HR, 0,65) statisticamente significative tra i due gruppi a favore del controllo precoce del ritmo. La riduzione del 19% dei ricoveri per insufficienza cardiaca e del 17% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta, invece, non è risultata significativa. L’endpoint co-primario, rappresentato dal numero medio di notti trascorse in ospedale all’anno, non differiva tra i due gruppi di trattamento (early rhythm control 5,8 ± 21,9 giorni / anno; usual care 5,1 ± 15,5 giorni / anno; p = 0,226). Eventi avversi gravi correlati alla terapia per il controllo del ritmo, più spesso bradicardia correlata al farmaco, si sono verificati nel 4,9% dei pazienti nel corso del follow up, rispetto a un tasso di eventi gravi dell’1,4% nei pazienti assegnati all’usual care. Sintomi e funzione ventricolare sinistra a 2 anni non differivano significativamente tra i gruppi. In conclusione, in base ai risultati di questo trial, la terapia per il controllo del ritmo iniziata subito dopo la diagnosi di fibrillazione atriale, rispetto alla terapia abituale (tipicamente controllo della frequenza) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) di nuova diagnosi a rischio di ictus, sembra ridurre gli eventi cardiovascolari senza aumentare il tempo trascorso in ospedale e senza significativi problemi di sicurezza. Questo studio appare importante perché affronta una domanda classica nella gestione della FA, ovvero quale approccio dovremmo adottare con i pazienti in FA: dovremmo optare per il controllo della frequenza o del ritmo?”

Riferimenti

1) Willems S, Meyer C. et al. Cabins, castles, and constant hearts: rhythm control therapy in patients with atrial fibrillation. Eur Heart J 2019;40:3793-3799c.

2) Benjamin EJ, Wolf PA. Et al. Impact of atrial fibrillation on the risk of death: the Framingham Heart Study. Circulation 1998;98:946-52.

3) Brian Olshansky, Lynda E Rosenfeld et. AFFIRM Investigators The Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management (AFFIRM) study: approaches to control rate in atrial fibrillation J Am Coll Cardiol. 2004 Apr 7;43(7):1201-8. doi: 10.1016/j.jacc.2003.11.032.

4) Paulus Kirchhof, A. John Camm et al. for the EAST-AFNET 4 Trial Investigators

Early Rhythm-Control Therapy in Patients with Atrial Fibrillation. N Engl Med; August 29, 2020  DOI: 10.1056/NEJMoa2019422

 

5) 2020 ESC Guidelines for the diagnosis and management of atrial fibrillation. European Heart Journal (2020) 00, 1125 doi:10.1093/eurheartj/ehaa612

 

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