NOVITA’ DALLA LETTERATURA – A cura di: dr. Giuseppe Trisolino

By-pass o PCI nei pazienti con lesioni multivasali e ridotta FE ? Una scelta difficile

Giuseppe Trisolino – Spec. Cardiologia, Segretario Regionale ANCE, Emilia Romagna

La coronaropatia (CAD) è la causa di morte più frequente a livello globale ed è la causa più comune di insufficienza cardiaca, in parte dovuta, quest’ultima, al miglioramento della sopravvivenza dopo infarto miocardico acuto (IM). (1) La prognosi a lungo termine per questa condizione rimane però scarsa. (2) Nei pazienti con ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra (LVEF) e CAD multivasale, le linee guida ESC (3) raccomandano la rivascolarizzazione con una preferenza del by pass aortocoronarico (BPAC) rispetto all’angioplastica (PCI), mentre le linee guida statunitensi favoriscono l’uso del BPAC, ma non forniscono raccomandazioni su PCI. (4) A tutt’oggi mancano dati consolidati sugli outcome dei pazienti con frazione di eiezione ventricolare sinistra gravemente ridotta sottoposti a rivascolarizzazione mediante PCI o BPAC. I principali studi clinici che hanno confrontato PCI vs BPAC hanno regolarmente escluso questo gruppo di pazienti.(5) Una meta-analisi (6) che confrontava PCI e BPAC in pazienti con LVEF gravemente ridotta aveva mostrato il BPAC associato a una migliore sopravvivenza (HR, 0,82; IC 95%, 0,75-0,90), un tasso inferiore di IM (HR, 0,50; IC 95% , 0,36-0,68) e un tasso inferiore di successiva rivascolarizzazione (HR, 0,34; IC al 95%, 0,24-0,47). Tuttavia, uno studio di coorte pubblicato contemporaneamente da Bangalore (7) non aveva trovato alcuna differenza nella sopravvivenza a 3 anni tra i pazienti trattati con PCI e BPAC. E’ stato recentemente pubblicato uno studio retrospettivo di coorte che ha confrontato gli esiti a lungo termine nei pazienti sottoposti a rivascolarizzazione mediante PCI o BPAC in pazienti con FE significativamente ridotta. (8) Il follow-up mediano è stato di 5,2 anni. Lo studio ha incluso i dati di oltre 12.00 pazienti con età tra 40 e 84 anni, con LVEF inferiore al 35% e malattia della discendente anteriore sinistra (LAD) o con patologia coronarica multivasale (con o senza coinvolgimento della LAD), sottoposti a PCI o BPAC. I criteri di esclusione erano rappresentati da eventuali procedure concomitanti, BPAC precedente, patologia neoplastica metastatica, IRC in trattamento dialitico, o rivascolarizzazione di emergenza entro 24 ore dall’infarto del miocardio. L’outcome primario era la mortalità per tutte le cause. Gli esiti secondari prevedevano la morte per malattie cardiovascolari, MACE (major adverse cardiovascular event) definiti come ictus, successiva rivascolarizzazione e ricovero per infarto miocardico o insufficienza cardiaca. I pazienti sottoposti a PCI rispetto a BPAC hanno mostrato, a 30 giorni, tassi più elevati di mortalità per tutte le cause (4,8 % vs 4,0 %), morte per malattie cardiovascolari (3,5 % vs 2,8 %), MACE (19,8 % vs 8,3 %), successiva rivascolarizzazione (10,9 % vs 3,2 %) e ricovero per infarto miocardico (7,8 % vs 1,4 %) o HF (5,6 % vs 3,0 %). A 5 anni I tassi di mortalità sono stati del 30,0 % nel gruppo PCI e del 23,3 % nel gruppo BPAC. In dettaglio, i pazienti sottoposti a PCI rispetto a quelli sottoposti a BPAC, avevano un rischio più elevato di morte per malattie cardiovascolari (HR, 1,4; IC 95%, 1,1-1,6), di MACE (HR, 2,0; IC 95%, 1,9-2,2, un rischio maggiore di successiva rivascolarizzazione (HR, 3,7; IC 95%, 3,2-4,3), un rischio più elevato di infarto miocardico (HR, 3.2; IC 95%, 2.6-3.8)  e di ospedalizzazione per scompenso cardiaco (HR, 1,5; IC 95%, 1,3-1,6). Il beneficio in termini di sopravvivenza è stato osservato in diversi sottogruppi, inclusi i pazienti con malattia della discendente anteriore sinistra. Questi risultati, pur con i limiti di uno studio osservazionale, suggeriscono che il bypass coronarico dovrebbe essere preso in considerazione, come trattamento di prima linea, per la maggior parte dei pazienti con funzionalità ventricolare sinistra gravemente ridotta che richiedono rivascolarizzazione.

Riferimenti

1) Briceno  N. et al.  Ischaemic cardiomyopathy: pathophysiology, assessment and the role of revascularisation.   Heart. 2016;102(5):397-406. doi:10.1136/heartjnl-2015-308037

2) Sun  LY. Et al.  Prevalence and long-term survival after coronary artery bypass grafting in women and men with heart failure and preserved versus reduced ejection fraction.   J Am Heart Assoc. 2018;7(12):e008902. doi:10.1161/JAHA.118.008902PubMedGoogle Scholar

3) Neumann  FJ. At al. ESC Scientific Document Group.  2018 ESC/EACTS guidelines on myocardial revascularization.   Eur Heart J. 2019;40(2):87-165. doi:10.1093/eurheartj/ehy394

4) Fihn  SD. At al.  J Am Coll Cardiol. 2012;60(24):e44-e164. doi:10.1016/j.jacc.2012.07.013

5) Head  SJ. et al.  Mortality after coronary artery bypass grafting versus percutaneous coronary intervention with stenting for coronary artery disease: a pooled analysis of individual patient data.   Lancet. 2018;391(10124):939-948. doi:10.1016/S0140-6736(18)30423-9

6) Wolff  G. et al.  Survival benefits of invasive versus conservative strategies in heart failure in patients with reduced ejection fraction and coronary artery disease: a meta-analysis.   Circ Heart Fail. 2017;10(1):e003255. doi:10.1161/CIRCHEARTFAILURE.116.003255

7) Bangalore  S. et al.  Revascularization in patients with multivessel coronary artery disease and severe left ventricular systolic dysfunction: everolimus-eluting stents versus coronary artery bypass graft surgery. Circulation. 2016;133(22):2132-2140. doi:10.1161/CIRCULATIONAHA.115.021168

8) Louise Y. Sun et al. Long-term Outcomes in Patients With Severely Reduced Left Ventricular Ejection Fraction Undergoing Percutaneous Coronary Intervention vs Coronary Artery Bypass Grafting. JAMA Cardiol. 2020;5(6):631-641. doi:10.1001/jamacardio.2020.0239

 

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