NOVITA’ DALLA LETTERATURA – A cura di: dr. Giuseppe Trisolino

VOYAGER PAD: Rivaroxaban nella PAD sottoposta a rivascolarizzazione

Liuba Fusco, Specialista in Cardiologia (Bologna) –  Anna Pontarin, Medico in Formazione Specialistica in Geriatria (Padova)

 

Nell’ultima recente edizione dell’American College of Cardiology è stato presentato il VOYAGER PAD, studio internazionale randomizzato, doppio cieco e controllato con placebo che ha indagato l’efficacia e la sicurezza dell’uso di Rivaroxaban associato alla terapia antiaggragante nei pazienti con malattia vascolare periferica (PAD), sottoposti a rivascolarizzaizone chirurgica e/o rivascolarizzazione endovascolare periferica. In vari studi internazionali era ormai appurato come l’aggiunta di basse dosi di Rivaroxaban alla terapia antipiastrinica possa apportare benefici nei pazienti con recente Sindrome Coronarica Acuta (SCA) o con malattia ateroscelrotica stabile, ma non vi erano molte evidenze nei pazienti con PAD e recente rivascolarizzazione degli arti inferiori. Lo studio VOYAGER PAD ha arruolato, a partire dall’agosto 2015, 6.564 pazienti randomizzati in rapporto 1:1 a ricevere come terapia in aggiunta a cardioaspirina al dosaggio di 100 mg /die rivaroxaban 2,5 mg x 2 die o placebo, mentre l’uso di inibitori P2Y12 rimaneva in aggiutna alla terapia a discrezione del Curante, con un follow up  mediano raggiunto  di 28 mesi. I criteri di arruolamento erano i seguenti: età >50 anni, malattia vascolare periferica definita come (necessarie almeno 3 condizioni) sintomi di ischemia periferica (dolore da sforzo/a riposo, limitazione funzionale, ulcere), imaging suggestivo di occlusione, indice ABI patologico; rivascolarizzazione periferica efficace. Le caratteristiche della popolazione in esame mostravano un’età media di 67 anni, 26% donne, 40% diabetici, 31% con malattia coronarica accertata di cui 11% con pregresso infarto del miocardio, il 50% assunzione concomitante clopidogrel, 35% fumatori, 20% con filtrato glomerulare inferiore a 60 ml/min; di questi la maggiorparte dei pazienti con storia di claudicatio (96%). L’endpoint primario di efficacia composito era rappresentato da infarto del miocardio (IM), ictus ischemico, morte cardiovascolare, ischemia acuta degli arti inferiori (ALI) amputazione maggiore per ischemia critica; l’endpoint secondario di efficacia gerarchico era costituito da ALI, amputazione, IM, ictus ischemico, morte cardiaca, rivascolarizzazione per ischemia arto non pianificata, ricovero per evento coronarico o periferico di natura trombotica, mortalità per tutte le cause , tromboembolismo venoso. L’endpoint primario di sicurezza: sanguinamento maggiore secondo la definizione di TIMI MAJOR; l’endpoint secondario di sicurezza: ISTH, sanguinamenti maggiori, BARC 3b o maggiori. Nel gruppo trattato con Rivaroxaban si è assistito ad una riduzione significativa dell’endpoint composito avvenuto in 508 pazienti rispetto ai 584 pazienti nel gruppo placebo (17,3% vs 19,9%): HR 0,85, p= 0,0085, NNT 39 (3 anni di trattamento); la riduzione rischio assoluto è risultata del 2,6%  versus placebo, riduzione dettata soprattutto dal calo dell’ischemia acuta arti (ACUTE LIMB Ischemia). Anche per gli endpoint secondari si è assistito a riduzione nel gruppo Rivaroxaban (HR 0.88; 95% CI 0.79-0.99, p=0.03) in particolare degli eventi di tromboembolismo venoso. Per quanto riguarda la sicurezza, nel gruppo trattato con Rivaroxaban si è verificato un aumento dei sanguinamenti non fatali (2.65% vs 1.87% del palcebo), ma nel braccio del placebo aumento di emorragie intracraniche (13 pazienti nel gruppo Rivaroxaban vs 17 pazienti nel gruppo placebo); TIMI MAJOR 2,7% vs 1,9%; BARC 3b o maggiori 3,9% vs 2,9% ; ISTH major 5,9 vs 4,1% ; intracraniche 0,6% vs 0,9%; fatali 0,2% vs 0,2%, rispettivamente tra Rivaroxaban e placebo. In conclusione, ricordando che i pazienti con malattia vascolare periferica sottoposti a rivascolarizzazione degli arti inferiori rimangono a rischio più elevato dei pazienti con PAD stabile anche a distanza dell’intervento di rivascolarizzazione, l’approccio con doppia inibizione di anticoagulante e antipiastrinico può risultare valida in pazienti a basso rischio emorragico per l’aumentata incidenza di emorragie maggiori. I benefici dell’associazione Rivaroxaban e cardioaspirina sono stati invece osservati indipendentemente dall’assunzione contemporanea di clopidogrel. Stratificando l’analisi per la durata della terapia con clopidogrel, è emerso come i sanguinamenti TIMI Major risultino sovrapponibili mentre i sanguinamenti ISHT siano aumentati nei pazienti che hanno ricevuto clopidogrel per più di 30 giorni nel gruppo Rivaroxaban.

References:

ACC 2020/ WCC Virtual 28-30 marzo2020; Bonaca MP, Bauersachs RM, Anand SS, et al Rivaroxaban in Peripheral Artery Disease After revascularization; N Engl J Med 2020: Mar 28

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