IL PRESENTE ED IL FUTURO IN CARDIOLOGIA: DISCUTIAMONE

Il mio futuro è sprofondato nel passato
G. Carofiglio
Il futuro è nostro. Filosofia dell’azione.
D. Fusaro

Poche parole ricorrono nel linguaggio del medico come – diagnosi e terapia. La prima è derivata dal greco antico: “Conoscere attraverso” la seconda, sempre dal greco è “Terapeia” che significa curare per riportare l’individuo da uno stato patologico ad uno stato sano ed a tal proposito Ippocrate citava, come strumenti terapeutici del medico:
° il tocco
° il rimedio
° la parola

Un momento di riflessione su questo pensiero ippocratico sarebbe molto utile per chi opera, come noi medici, in questo campo. Questi strumenti il medico dovrebbe sempre utilizzarli, analizzando forse un pò meglio “la parola” spesso sostituita, nell’ attuale ristretto dialogo col paziente, con : faccia anche questi esami !!!
Questo sito si occuperà di proporci quanto vi è oggi di noto e ciò che vi sarà di probabile nel futuro.
Non possiamo trascurare o meglio dobbiamo “iniziare” dalla medicina accademia che si basa sul concetto di malattia, concepita come uno stato patologico dell’organismo, oggettivo e misurabile, che si discosta significativamente da certi limiti psicofisioanatomici considerati normali e compatibili con una buona qualità e normale durata della vita. La terapia è qualunque procedura atta a limitare o eliminare la malattia (ivi includendo la malformazione, il trauma, la devianza, la disfunzione, o il malessere), i suoi sintomi o i suoi fattori di rischio, o prevenirne le complicanze, per ripristinare possibilmente uno stato di salute e/o benessere e adattamento dell’individuo.
E’ caratteristico delle terapie attuali di essere sottoposte – mediante adeguati studi clinici – ad una verifica dell’efficacia nel conseguire questi risultati. Le migliori prove di tale efficacia sono considerate quelle derivanti da studi sperimentali controllati: su ciò si basa il movimento della “Medicina basata sull’evidenza” (Evidence based medicine).
E’ ovvio che al termine di questo processo giungiamo alla definizione e diamo un termine ben preciso.
In cardiologia usiamo : ipertensione, malattia coronarica, scompenso cardiaco, aritmia da fibrillazione atriale, vasculopatia periferica, etc. etc,
Ci è mai venuto un momento di perplessità quando abbiamo espresso questa diagnosi al nostro paziente ? In fondo cosa gli abbiamo detto ? Molto poco, in quanto abbiamo descritto, bene, con i termini scientifici appropriati e selettivi, più che la “malattia” il sintomo, senza dire alcun chè sulla causa che lo ha provocato.
Il trovare 180/100 di pressione ci deve far porre la diagnosi di ipertensione arteriosa, ma ci siamo chiesti da cosa è causato questo sintomo ?
Lo stesso vale per la fibrillazione atriale, per l’ ischemia coronarica, per lo scompenso cardiaco e via dicendo . Personalmente ritengo che al di la di queste diagnosi, spesso più che esatte, specie se corredate da esami strumentali che le convalidano, vi sia il dovere, da parte nostra, la necessità di tentare di andare oltre la sola applicazione di un titolo convenzionale.

Facciamo un esempio : partiamo da una diagnosi tra le più utilizzate da noi. Il nostro paziente è un cardiopatico, specificheremo immediatamente dopo, quale è il tipo di cardiopatia di cui soffre (ipertensione, coronasclerosi, fibrillazione atriale, etc. etc.). Ma da qualche anno a questa parte, è anche opportuno chiederci se si tratta di una patologia “genetica ” o no.
Questa definizione, oggi sempre più indispensabile, nasce dagli enormi progressi che ha fatto la “scienza del Gene” ovverossia il concetto di “fattore ereditario” (Mendel) legato a quegli elementi, detti “geni” che trasmettono i caratteri ereditari degli organismi a riproduzione sessuata ove queste entità sono sempre a coppia con un gene originato dal genitore maschile ed uno dal genitore femminile.
Cosa è il Gene: è una parte del DNA: Acido Desossiribo-Nucleinico che è il patrimonio genetico o genoma che contiene le informazioni necessarie per fabbricare le proteine cellulari ed è localizzato in una precisa posizione del cromosoma : a lui si deve la produzione di una singola molecola, ed a lui si deve la trasmissione dei caratteri ereditari della specie. Ogni gene e situato in un dato cromosoma ed in una posizione determinata.
Il Cromosoma invece è la somma delle porzioni del DNA allineate come delle perle lungo un filo. In ogni cellula del nostro corpo vi sono 23 coppie di cromosomi, 46 in totale: un membro della coppia è ereditato dal padre, l’altro dalla madre.
La forma del cromosoma è caratterizzata da due braccia, il braccio corto viene chiamato “p” e quello lungo “q”; le fascie cromatiche presenti in ogni braccio sono numerate con precisa sequenza. Ogni anomalia della sequenza da luogo a determinate malattie. Da queste poche informazioni si può capire l’enorme importanza delle microentità determinanti la trasmissione dei caratteri ereditari nonchè dalla funzione creativa degli organismi in generale. Possiamo affermare che questa porzione particolare del DNA contiene istruzioni per tutte le cellule sia al momento della nascita (embriogenesi), che lungo il corso della vita fino alla morte.
Di recente alcuni autori hanno studiato l’influenza del genotipo beta recettoriale sulla severità dello scompenso cardiaco e sulla risposta al trattamento terapeutico confarmaci betabloccanti, nella popolazione infantile affetta da CMPD.
Queste ricerche hanno sottolineato che alcuni genotipi dei recettori beta si associano ad un maggior rischio di scompenso cardiaco nell’adulto. Lo studio ha valutato l’influenza del polimorfismo beta recettoriale nel bambino. Questo studio ha arruolato 135 bambini con età media di otto, cinque anni, novantuno dei quali erano affetti da scompenso cardiaco grave e quarantaquattro da CMPD stabile. In questa popolazione sono stati tipizzati tre diversi genotipi beta recettoriali ad alto rischio nella popolazione adulta (a2cdelet322-25,Beta1Arg389eBeta2Arg16.).Nel complesso in questa popolazione è stata osservata una sopravivenza libera da eventi ad un anno pari al 51% nel gruppo con scompenso avanzato e dell’80% nel gruppo con CMPD stabile.
In generale i genotipi ad alto rischio si associavano a più elevate pressioni di riempimento ventricolare sinistro,a più elevate resistenze sistemiche e polmonari, maggior riduzione della FE e a maggior frequenza di necessità di supporto meccanico del circolo, in fase di attesa di trapianto.
Il trattamento con beta bloccanti non ha ridotto la severità dello scompenso cardiaco nell’intera popolazione studiata, tuttavia in un sottogruppo caratterizzato dalla presenza di genotipi multipli ad alto rischio, coloro che sono stati trattati con beta bloccanti mostravano minore compromissione della funzione cardiaca e dei dati emodinamici.
Ciò induce a pensare che i polimorfismi genetici beta recettoriali indicati, possono costituire un marker per l’identificazione dei piccoli pazienti a rischio di sviluppare scompenso cardiaco e che possono avere beneficio da terapia precoce con betabloccanti. (Pediatr. Res. 2014 Nov 19).
Queste prime note ci inducono a pensare al peso che hanno raggiunto fattori genetici fino a pochi anni fa totalmente sconosciuti e che invece ora possono divenire determinanti per la migliore conoscenza dell’individuo e delle patologie che in lui potranno albergare.

C.Fernandez