I beta-bloccanti riducono la mortalità nell’insufficienza cardiaca con ridotta frazione di eiezione nei pazienti in ritmo sinusale

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Nei pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta, in ritmo sinusale o con concomitante fibrillazione atriale, la relazione tra frequenza cardiaca e mortalità non è sufficientemente chiarita. Una recente meta-analisi (dati provenienti da 11 studi controllati randomizzati, in doppio cieco), ha esplorato l’importanza prognostica della frequenza cardiaca nei pazienti con insufficienza cardiaca a frazione di eiezione ridotta, confrontando beta-bloccanti e placebo. L’endpoint primario era la mortalità per qualsiasi causa. La frazione di eiezione mediana del ventricolo sinistro al basale è risultata del 27%. Dopo un follow-up medio 1.5 anni, nei pazienti in ritmo sinusale la frequenza cardiaca più elevata al basale è risultata associata a una maggiore mortalità per tutte le cause (HR corretto=1.11 per 10 battiti/ min, IC 95%, 1.07-1.15). Nei pazienti in fibrillazione atriale, invece, questa associazione non è stata riscontrata (HR=1.03 per 10 battiti/ min, IC 95%, 0.97-1.08). Tra i pazienti assegnati in modo random a beta-bloccanti la frequenza ventricolare è risultata ridotta di 12 battiti/minuto, indipendentemente che i pazienti fossero in ritmo sinusale o in fibrillazione atriale. La mortalità è risultata minore nei pazienti in ritmo sinusale randomizzati a beta-bloccanti (HR: 0,73 vs placebo; 95% CI: 0,67 a 0,79; p <0,001), indipendentemente dalla frequenza cardiaca basale (p=0,35). I beta-bloccanti, invece, non hanno avuto alcun effetto sulla mortalità in pazienti con fibrillazione atriale, (HR: 0,96, 95% CI: 0,81 a 1,12, p = 0,58) a qualsiasi frequenza cardiaca. Una minore frequenza cardiaca a riposo, indipendentemente dal trattamento, è stata associata ad una prognosi migliore solo nei pazienti in ritmo sinusale (HR:1,16 per10 battiti/min, 95% CI: 1,11 a 1,22, p <0,0001).
In conclusione, l’analisi ha confermato che, indipendentemente dalla frequenza cardiaca di pre-trattamento, i beta-bloccanti riducono la mortalità nei pazienti con insufficienza cardiaca a ridotta frazione di eiezione in ritmo sinusale. Nei pazienti con concomitante fibrillazione atriale, i beta-bloccanti non hanno ridotto la mortalità a qualsiasi frequenza cardiaca osservata. In definitiva, una più bassa frequenza cardiaca raggiunta è associata ad una prognosi migliore, ma solo nei pazienti scompensati in ritmo sinusale e che la frequenza cardiaca a riposo è un importante indicatore prognostico, sia prima che dopo l’inizio del trattamento con beta-bloccanti.
Journal of the American College of Cardiology
Volume 69, Issue 24, June 2017 DOI: 10.1016/j.jacc.2017.04.001

 

Da Giuseppe Trisolino

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