Parere positivo Fda all’antiaggregante vorapaxar dopo un infarto del miocardio.

Dopo l’endorsement dei giorni scorsi ricevuto dello staff interno dell’Fda, lo scorso 15 gennaio il nuovo antiaggregante orale vorapaxar ha ricevuto il parere positivo  degli esperti del Cardiovascular and Renal Drugs Advisory Committee dell’Fda. Con 10 voti a 1, gli esperti ne hanno raccomandato l’approvazione come terapia antiaggregante aggiuntiva a quella standard (ASA o ASA più tienopiridine) per la prevenzione degli eventi cardiaci e degli stroke  in pazienti che abbiamo già subito un infarto del miocardio. Nei soli Usa sono circa 7,6 milioni le persone che hanno sofferto di un attacco cardiaco.

Secondo il parere degli esperti, il farmaco non dovrà essere utilizzato dopo uno stroke oppure dopo un TIA per l’aumentato rischio di sanguinamenti osservato in questi pazienti.

Adesso, la parola torna all’Fda che di solito nel giro di un paio di mesi esprime il suo giudizio finale che quasi sempre è allineato a quello degli esperti esterni anche se l’agenzia non è per forza tenuta ad osservarli.

Una volta approvato in via definitiva, il farmaco verrà messo in commercio da Merck and Co. (in Italia e altri Paesi nota come MSD) con il marchio Zontivity.

Gli esperti sono stati indecisi sulle precauzioni da adottare in pazienti con peso corporeo <60 kg, nei quali il farmaco non ha mostrato un beneficio clinico nello studio registrativo TRA 2P-TIMI 50. Il problema verrà risolto attraverso un accordo tra il personale della Fda e Merck prima di una decisione finale in merito all’approvazione.

Vorapaxar è un nuovo antiaggregante che si lega in maniera selettiva al recettore della trombina che si trova sulle piastrine (Protease Activated Receptor-1 o PAR-1) e appartiene alla nuova classe di farmaci noti come antagonisti dei recettori della trombina.

Entrato nella pipeline di Merck con l’acquisizione di Schering-Plough, il farmaco era partito con grandi promesse poi andate in parte deluse.

I dati dello studio TRACER (Thrombin Receptor Antagonist for Clinical Event Reduction in Acute Coronary Syndrome) che aveva arruolato circa 13mila pazienti avevano evidenziato come nei pazienti con sindrome coronarica acuta l’aggiunta di vorapaxar alla terapia standard non avesse portato a una riduzione significativa dell’end point primario composito, pur essendoci stata una riduzione numericamente favorevole al nuovo farmaco, mentre invece aveva determinato un aumento significativo del rischio emorragico tra cui del rischio di emorragie intracraniche. Lo studio TRACER venne interrotto prima del suo completamento proprio per l’elevato numero di sanguinamenti intracranici.

In un altro studio di fase III denominato TRA 2P-TIMI 50 (Thrombin-Receptor Antagonist in Secondary Prevention of Atherothrombotic Ischemic Events), e condotto su 26.499 pazienti, il farmaco aggiunto alla terapia antiaggregante standard (aspirina, tienpiridina e entrambi i farmaci) per i pazienti colpiti da ictus ischemico pur determinando una riduzione del 12% degli eventi cardiovascolari (morte per cause cardiovascolari, stroke e attacchi cardiaci) (11,2% vs. 12,4%, p=0,001) ha aumentato le emorragie cerebrali (4,2% vs. 2,5% valutati con la scala GIUSTO) e i casi di sanguinamenti intracranici ((1,0% vs 0,5%, p<0,001). Sulla base di dati preliminari un safety board chiese che venissero esclusi i pazienti con storia di stroke e, una volta emendati questi casi, il bilancio rimase positivo per la riduzione degli end point cardiovascolari. e anzi migliorò (-14%). mentre l’aumento delle emorragie risultò molto più contenuto.

“I risultati di questo studio hanno dimostrato per la prima volta che l’inibizione di un altro pathway delle piastrine in aggiunta alla terapia antipiastrinica standard di ridotto il rischio di eventi cardiovascolari ricorrenti nella prevenzione secondaria a lungo termine,” aveva dichiarato a suo tempo David A. Morrow, MD, MPH, ricercatore senior presso il Gruppo TIMI Study e Direttore del Levine Cardiac Intensive Care Unit, Brigham and Women Hospital. “Come anche per altri potenti antiaggreganti orali, il beneficio antitrombotica di vorapaxar deve essere pesato contro l’aumento del rischio di sanguinamento, e ogni potenziale uso clinico di vorapaxar dovrebbe essere basato sulla selezione appropriata del paziente”.

A cura di Calogero Calcullo

Rubriche

I BETA-BLOCCANTI NEL TRATTAMENTO DEL POST-INFARTO, ANCORA ATTUALI ?

Giuseppe Trisolino Spec. Cardiologia Segretario Nazionale ANCE Scarica articolo L’utilizzo dei betabloccanti nel post infarto è una pratica clinica consolidata e il beneficio in termini di riduzione della mortalità, nei pazienti dopo infarto miocardico (IM) con...