Gravidanza e Infarto Miocardico Acuto: descrizione di un caso clinico.
Bianca Biferali, Maria Teresa Mallus, Francesca Maria Palagano, Fabio Biferali – ASL RM1 – Ambulatorio di Cardiologia
Referees: Giuseppina De Benedittis, Ferdinando Maria Massari
INTRODUZIONE
Nonostante l’infarto miocardico acuto (IMA) sia un evento raro nelle donne in età fertile, stimato intorno al 5 per 100 000 individui, la gravidanza è in grado di incrementarne il rischio da 3 a 4 volte, con una mortalità che si aggira intorno allo 0,3 per 100 000 parti. 1
E’ noto che le donne gravide presentano un aumentato rischio di sviluppare tromboembolismo da 4-5 a 10 volte maggiore rispetto alle donne non gravide. 2 Le cause sono molteplici, prima fra tutte la contemporanea presenza di fattori di rischio quali l’età della donna, l’obesità, precedenti episodi tromboembolici, nonché stati trombofilici ereditari o acquisiti 3. Inoltre in gravidanza si verificano una serie di modificazioni che coinvolgono anche il sistema emocoagulativo. Lo stato di ipercoagulabilità che ne deriva, da un punto di vista evolutivo, ha presumibilmente lo scopo di proteggere la donna da eventi emorragici durante il parto. L’aumentata stasi venosa, la compressione della vena cava inferiore e delle vene pelviche da parte dell’utero gravido così come la diminuita mobilità contribuiscono al determinismo dello stato trombogeno.
La trombofilia include un gruppo di anomalie ereditarie o acquisite che determinano ipercoagulabilità e si associa ad aumentato rischio di complicanze in gravidanza (aborti ricorrenti, pre-eclampsia, ritardo di accrescimento intrauterino (IUGR) e abruptio placentae).
Attualmente esiste uno screening trombofilico applicato a donne in gravidanza con particolari caratteristiche anamnestiche: donne asintomatiche con storia familiare di tromboembolismo venoso e/o con familiarità per trombofilia ereditaria, donne sintomatiche con pregresso tromboembolismo venoso ovvero con aborti ricorrenti o pregressa morte intrauterina fetale (MEF) o pregresse complicanze ostetriche in corso di precedenti gravidanze. Tale screening prevede lo studio dei fattori di coagulazione quali antitrombina, Proteina C, Proteina S, resistenza alla proteina C attivata e/o fattore V di Leiden, mutazione G20120A, protrombina (PT), omocisteina, anticorpi antifosfolipidi. L’analisi di mutazioni dei geni implicati nella trombofilia vengono invece riservati alle sole donne con poliabortività. I geni in considerazione sono quelli relativi al fattore V di Leiden, al fattore II della coagulazione (protrombina) ed il gene MTHFR (Metilentetraidrofolatoreduttasi). 4
CASO CLINICO
Il caso clinico si riferisce ad una donna, dislipidemica, portatrice di prolasso mitralico, con pregressa ulcera peptica in anamnesi, giunta recentemente alla nostra osservazione. In un precedente screening cardiologico il test ergometrico era risultato negativo. All’età di 25 anni una prima gravidanza era esitata in aborto spontaneo alla XII^ settimana. L’anno seguente, all’età di 26 anni, durante la XXVIII^ settimana della seconda gravidanza, era comparso un dolore interscapolare, irradiato ai polsi, seguito da lipotimia. In Pronto Soccorso gli esami di primo livello avevano rilevato segni di sofferenza miocardica di tipo ischemico. La paziente, ricoverata in UTIC, fu sottoposta a coronarografia che evidenziò una occlusione trombotica della coronaria destra a livello della crux (Fig.1).
Fig.1- Coronarografia che mostra occlusione trombotica della coronaria destra a livello della crux.
L’IMA venne trattato in III^ ora con tromboaspirazione e abcixmab intracoronarico, PTCA con Bare Metal Stent sulla coronaria destra occlusa con buon risultato angiografico (TIMI 3) (fig.2).
Fig.2 – Risultato angiografico dopo PTCA con Bare Metal Stent su coronaria destra occlusa.
L’ecocardiogramma post-procedura rilevò acinesia del setto interventricolare infero-posteriore, un ventricolo sinistro con volume ai limiti superiori della norma (VDT 68 ml/m2), EF 48%, insufficienza mitralica lieve-moderata. Durante la degenza in UTIC tutte le procedure diagnostico-interventistiche furono eseguite con accorgimenti utili a proteggere il feto e proseguire in sicurezza la gravidanza.
Nel corso del ricovero la paziente, data la giovane età, venne sottoposta a una serie di accertamenti per chiarire la causa dell’episodio ischemico: test di coagulazione, test LAC e la ricerca di anticorpi antifosfolipidi, che risultarono negativi. Si decide, quindi, di sottoporla allo studio di difetti genetici e si riscontrò una mutazione in omozigosi del gene MTHFR.
Un mese dopo la paziente portò a termine la gravidanza con parto cesareo, dando alla luce un bambino sano. La terapia di dimissione prevedeva Carvedilolo 6.25 mg bid, Enalapril 5 mg, Enoxaparina Sodica 4000 UI, 1 fiala s.c. al dì.
Nonostante le raccomandazioni di evitare altre gravidanze, la paziente decise di intraprenderne una terza. Durante tale gravidanza la paziente di sua iniziativa sospese la terapia con betabloccante.
Alla XXXI^ settimana di gestazione, durante un controllo, si riscontrarono aritmie ventricolari complesse (BEV isolati, polimorfi e in coppia). Pertanto si ritenne necessario ripristinare la terapia con betabloccanti.
Al termine dell’epoca gestazionale la paziente partorì un bambino sano con parto cesareo.
A distanza di 5 anni dall’episodio ischemico l’ecocardiogramma di controllo, da noi recentemente effettuato, ha rilevato segni di significativo rimodellamento ventricolare sinistro, caratterizzato da aneurisma della parete inferiore, acinesia inferiore e apicale, insufficienza mitralica moderata e una frazione di eiezione pari a 44%, mentre i fenomeni aritmici sono risultati significativamente ridotti con terapia betabloccante.
Attualmente la paziente assume Carvedilolo 6.25 mg bid, Enalapril 5 mg e Cardioaspirina.
DISCUSSIONE
Il caso clinico descritto pone due interrogativi: per quale motivo a fronte di una precoce e ottimale rivascolarizzazione angiografica non si è avuto un recupero della contrattilità segmentale nell’area relativa all’IMA? E per quale ragione si è verificato un così precoce rimodellamento ventricolare?
Nonostante siano indiscussi i beneficî clinici di una precoce rivascolarizzazione coronarica nei pazienti con IMA, in una percentuale variabile di soggetti persiste una ipoperfusione miocardica a causa del fenomeno del no-reflow. Tale fenomeno si caratterizza per un’eziopatogenesi multifattoriale, comprendendo l’embolizzazione distale di materiale aterotrombotico, il danno da ischemia-riperfusione e la suscettibilità individuale acquisita e/o genetica al danno del microcircolo. A tal proposito studi recenti hanno dimostrato come il diabete mellito e l’ipercolesterolemia siano associati a una peggiore riperfusione microvascolare dopo PTCA.
Il fenomeno del no reflow può essere distinto in reversibile o sostenuto. Il primo è il risultato di cambiamenti funzionali, e quindi reversibili, del microcircolo coronarico; il secondo invece può essere considerato come il risultato di cambiamenti anatomici e quindi irreversibili del microcircolo coronarico. Mentre i pazienti con no-reflow reversibile tendono a mantenere inalterati i volumi ventricolari, i pazienti con no-reflow sostenuto subiscono un rimodellamento ventricolare sfavorevole, una riduzione della funzione contrattile del ventricolo sinistro con una ridotta frazione di eiezione, eventi associati a una maggiore mortalità.5
CONCLUSIONI
La Sindrome Coronarica Acuta in gravidanza è un evento raro, anche se la combinazione di normali cambiamenti fisiologici della gravidanza e fattori di rischio cardiovascolare aumentano l’incidenza di eventi cardiovascolari. La descrizione di questo caso clinico rivela come una gravidanza in una giovane donna può configurarsi come uno stato protrombotico e produrre evoluzioni cliniche inizialmente ingravescenti e determinanti in un secondo tempo un rimodellamento precoce del ventricolo sinistro, nonostante una tempestiva rivascolarizzazione coronarica.
BIBLIOGRAFIA
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